Sorelle e fratelli amati, il tempo passa veloce e ciò mi interpella sempre più. Quest’anno ho mancato all'appuntamento abituale di comunicazione con la missione a causa di un’infezione nel sangue che mi ha colpito alla fine di maggio.
Personalmente devo dire che mi sentivo veramente male e di una debolezza che non avevo mai provato. Così i medici mi hanno man-dato in Italia dove sono stato preso sotto cure mediche, che sostenute dall’assistenza amorosa delle sorelle, mi hanno portato a una ripresa immediata e a una pronta, anche se lenta, guarigione. Da parte mia ho cercato di accelerare i tempi dedicandomi a un riposo totale e approfit-tando anche di montagna e mare. D’altra parte mi sentivo talmente privo di energie che non solo ho dovuto rinunciare alla gioia di potervi incontrare, ma pure non ero nello stato d’animo per scrivere o telefonare in giro. Mi trovavo pressato da due parti: il desiderio di tornare presto e l’impegno per guarire da una malattia che mi aveva tolto ogni energia. Mi sentivo incapace e apatico e tuttavia ora mi sento un po’ in colpa e vi chiedo sinceramente di perdonarmi, anche se così, in due mesi ho potuto riprendermi sufficientemente da poter tornare in missione e aiutare la mia comunità che si trovava nel bisogno. Devo dire che anche il ritorno è stato un po’ movimentato. Sono partito da casa alle sei del mattino per prendere l’aereo a Venezia per Kinshasa via Istanbul. Da Istanbul siamo partiti in orario e avremmo dovuto arrivare a Kinshasa alle 21 (20 ora locale), ma in volo l’aereo ha subito delle scosse terribili che hanno semi-nato il panico nei passeggeri. Si sentiva pregare in varie lingue e alcuni in piedi con le mani levate invocavano Dio e gridavano «Gesù salvaci». Io stavo pregando per conto mio e pensavo si trattasse di vuoti d’aria e trovavo eccessiva la loro reazione anche se mi aveva preso la nausea per le forti scosse e l’ondeggiamento dell’aereo. Quando siamo atterrati pen-savo fosse lo scalo di Libreville, in Gabon, invece si era tornati a Istanbul. Lì le donne congolesi si son fatte sentire e siamo ripartiti con un altro aereo e, finalmente, al mattino siamo arrivati a Kinshasa e alle sette, dopo 23 ore sono arrivato a casa, a Bibwa.
Io, in tutto questo, e con la malattia e la debolezza che si aggrava con l’età ho come la sensazione di sentire la parola di Abbà che mi invita a prepararmi al gran passo. Quando ho visto i medici così preoc-cupati, e io svuotato di ogni energia, ho detto a Gesù: «avrei voluto ter-minare il lavoro sul “Padre Nostro” e su Anuarite, se guarirò voglio mettermi interamente al tuo servizio». È quello che cerco di fare ora. Ho lasciato da parte tante cose anche buone, ma per dedicarmi al meglio, ed essere pronto quando Gesù mi chiamerà. Vorrei essere più unito a Gesù in modo che parlando di qualsiasi cosa, sia lui a dirigere i miei pensieri e le mie azioni. Questo è importante perché la mia attività qui è soprattutto di dare parola di conforto alle persone che vengono da me.
È venuta subito Nonna Godelive, abita in una minuscola barac-ca di lamiere con il nipotino di tre anni. Aveva appena tre mesi quando la sua mamma se n’è andata, piantando il consorte, figlio di Godelive, e scaricandole il bebè che ora l’accompagna sempre. Come al solito ho dovuto consolarla dei dispetti che le fanno i vicini che la ritengono una strega malvagia. Lei purtroppo non sa difendersi, è vecchia e sciancata, e viene da me solo per trovare una persona che l’accolga con affetto e l’aiuti a non cedere al rancore: così le persone che la fanno soffrire sono quelle ricevono in cambio le sue preghiere.
Qualche giorno fa è venuta di nuovo, con un galletto, aveva anche una gallinella, mai i vicini per farle dispetto gliel’hanno uccisa. Così, perché non uccidano il galletto, me l’ha portato, ma come un suo dono senza nulla chiedere. «Beati i Poveri», diceva Gesù, e questa vecchietta è la testimonianza della verità della sua parola.
Robert invece è un giovane laureato, ha imparato anche a fare il falegname e ha seguito dei corso di informatica. Giorni fa, dopo la mes-sa nel suo quartiere che sta diventando parrocchia, mi ha chiesto di be-nedire la nuova abitazione dove vive solo perché la famiglia è lontana. Per la strada ho notato che raccoglieva ciottoli di manufatti di cemento e, se ne trovava, anche pezzi più grossi. Bisogna ricordare che Kinshasa è tutta sulla sabbia e non c’è terra solida o pietrosa, quindi questi pezzi che raccoglie possono diventare utili per dare una certa stabilità al terreno sabbioso. Mi ha spiegato che, non avendo un buon salario, perché deve adattarsi ai lavori che trova, ha pensato di raccogliere questi pezzetti di cemento e quando ne ha un buon mucchio lo vende a chi ne fa richiesta. Di persone di fede come Nonna Godelive, e di giovani che si in-dustriano come Robert, ce ne sono tanti e sono la speranza per la rinascita del paese dove la sovrabbondante ricchezza del suolo è diventata la sua maledizione perché la cupidigia internazionale preferisce mantenerlo nel disordine politico per poter razziare impunemente le immense ricchezze. Purtroppo tanti giovani, dopo aver tentato senza successo tante strade si danno alla droga distruggendo la loro vita. Come il giovane che ha cercato di entrare nel mio studio in piena notte e aveva visto la luce accesa perché stavo lavorando sul “Padre Nostro”. Abbiamo infatti recintato il cortile ma non abbiamo ancora sistemato i cancelli. Comunque, quando sono uscito, mi ha chiesto soldi per la droga ma io, dal modo di fare non mi sentivo tranquillo e così gli ho chiuso la porta in faccia. Lui però, in crisi di astinenza, ha cercato di entrare forzando le finestre e rompendo i vetri con una grossa pietra. Alla terza volta che cercavo di farlo smettere, con la pietra che teneva in mano, mi ha colpito sulla testa. Mi sono tirato indietro ma non abbastanza e la pietra mi ha colpito duramente, seppur di striscio sulla fronte provocandomi una ferita molto profonda e lunga 4 cm che ha cominciato a sanguinare abbondantemente. Poiché il dispensario medico delle suore è vicino sono andato subi-to a farmi ricucire e l’infermiere, un po’ al buio, è riuscito a darmi tre punti. Così ora sono guarito anche se la cicatrice è abbastanza vistosa. Ciò mi fa ricordare di più di quel povero giovane. Ho pregato parecchio per lui perché mi ha fatto molta pena e chiedo a Gesù che mi aiuti a comportami con più amore. Anche il vangelo di quest’oggi ci fa sentire che dobbiamo fare la scelta giusta e dobbiamo farla in fretta. Preghiamo allora tutti che Gesù sia la nostra guida e salvezza. Affidiamoci tutti a lui e troveremo la gioia piena. «gioia piena alla tua presenza, dolcezza senza fine alla tua destra» (Sl 15,11).
Mi affido alle vostre preghiere, vostro fratello Elio.