Crisi dimenticate nel mondo, nove su dieci sono in Africa

Ad assegnare anche quest’anno il triste primato al continente è il Norvegian Refugee Council nel suo rapporto sulle emergenze umanitarie più gravi e meno conosciute del pianeta SfollatiRca

Emergenze trascurate, peggio, dimenticate. Sono quelle crisi intorno al mondo – e con esse le persone che ci vivono dentro – nascoste da ben altre emergenze, da ben altra attenzione mediatica. Il rapporto 2020 del Norvegian Refugee Council presenta una lista di dieci crisi “trascurate”. Tutte, tranne una, il Venezuela, sono in Africa.
Le crisi analizzate dall’organizzazione umanitaria rispondono a tre parametri: carenza di volontà politica e di diplomazia internazionale nel porvi fine, insufficienti aiuti umanitari, scarsa copertura giornalistica. Per quel che riguarda quest’ultimo aspetto va anche considerata la repressione costante della stampa e degli attivisti locali.
Non è un caso, appunto, che le aree di crisi analizzate nel rapporto siano anche quelle con il più basso indice di libertà di stampa e di espressione. Ma quali sono, dunque, questi paesi diventati “indifferenti” al mondo e, così pare, alla comunità internazionale? E che stanno generando migliaia e migliaia di sfollati che si aggiungono a quei 71 milioni in tutto il mondo, il più alto numero mai registrato dall’Unhcr.

Camerun

Il primo è il Camerun. C’è quest’anno e c’era lo scorso anno, segno che la situazione in questo paese non ha dato alcun segnale di miglioramento, anzi, sembra peggiorata. La crisi – che è di ordine politico e sociale – ha avuto inizio nel 2016 con le rivendicazioni della parte anglofona del paese (le due regioni di North-West e South-West) che lamenta esclusione, marginalizzazione, discriminazioni rispetto all’area francofona.
Gli scontri tra i ribelli e l’esercito governativo (e le reciproche violenze) non sono nel frattempo diminuite. E a queste si sono aggiunte quelle dei gruppi estremisti legati a Boko Haram nella parte Nord del paese. Cento attacchi sono stati registrati solo nel corso del 2019 e oltre cento i civili uccisi. Oltre 3mila le persone rimaste vittime della violenza dall’inizio della crisi.
Alla fine dell’anno si contavano già mezzo milione di persone costrette ad abbandonare le case, la terra, i villaggi. Di queste 280mila almeno si sono dirette verso la Repubblica Centrafricana. Il paradosso è che anche questo paese rientra tra le dieci crisi dimenticate al mondo.
Il 2019 era stato anche l’anno dell’apertura del dialogo tra il capo di Stato, Paul Biya e le truppe separatiste, che nel 2017 avevano unilateralmente dichiarato la nascita della Repubblica di Ambazonia. Eppure, nei primi quattro mesi di quest’anno si è registrata un’escalation di violenza (nonostante l’emergenza coronavirus) con il risultato di 8mila nuovi sfollati.

Rd Congo

Situazione drammatica anche nella Repubblica democratica del Congo (anche per questo paese nessun grande cambiamento rispetto al report dello scorso anno). È qui che si conta il maggior numero di sfollati di qualsiasi paese in Africa, quasi 1,7 milioni di persone. Operazioni militari e frequenti attacchi di gruppi armati hanno generato un perenne stato di terrore nella popolazione che ormai vede come una maledizione la ricchezza mineraria del paese.
E mentre multinazionali o piccoli trafficanti sfamano la loro avidità mettendo a lavorare per poco e niente la gente del posto (anche i bambini) nelle miniere, cresce non solo la paura, ma anche la fame. La Rd Congo, dopo lo Yemen, vive la più grave situazione umanitaria e di crisi alimentare al mondo. Il numero di persone incapaci di procurarsi del cibo è stato calcolato in oltre 15 milioni.
I riflettori sono puntati su aree specifiche: le province di Ituri e del Kivu. Ed è noto che i congolesi hanno dovuto combattere anche un’altra battaglia, quella dell’ebola che, lo scorso anno, ha ucciso (in Ituri e Nord Kivu) 2.200 persone. A questa si è aggiunto il morbillo – malattia ampiamente debellata in quasi tutto il mondo, 4.100 i morti – e le inondazioni che hanno colpito almeno 900mila persone.
A fronte di questo, nel paese sono arrivati solo il 37% degli aiuti necessari ad affrontare questi disastri, meno dell’anno precedente. E quella della Rd Congo è la crisi meno coperta dai media, denuncia il report.  

Burkina Faso

Nel rapporto quest’anno ha fatto il suo ingresso il Burkina Faso, paese in cui in un solo anno c’è stato un incremento pari a cinque volte, del numero degli sfollati interni, mezzo milione di persone. La violenza in Burkina Faso è stata “importata” soprattutto dal Mali, da anni al centro di azioni di terrorismo di matrice jihadista. Ma sono aumentati anche i contrasti intercomunitari, specialmente tra mossi e fulani. Tutto questo non fa che ripiegarsi sulle popolazioni, specie quelle rurali, con almeno 1,2 milioni di persone che avrebbero bisogno di assistenza alimentare.  

Burundi

Difficile, e da anni, la situazione in Burundi. Human Rights Watch ha spesso denunciato violazioni e arbitri, soprattutto nei confronti di chi osava criticare il presidente Pierre Nkurunziza. Ieri si è diffusa la notizia della sua morte (pare per arresto cardiaco) e non sono pochi quelli che nel paese (anche se silenziosamente) hanno esultato. Dal 2015, da quando si era proposto per una terza tornata elettorale, erano cominciate le proteste e le conseguenti reazioni forti della polizia e dei militari. Sono almeno 333mila i burundesi che vivono in esilio, la maggior parte in paesi confinanti.  

Venezuela

A tagliare, esattamente al centro (quinto nella lista) il report, c’è un paese dell’America latina, il Venezuela. Si fanno sentire sette anni di economia in caduta libera. Anni in cui spesso la popolazione ha cercato risposte nelle piazze. La conseguente battaglia politica tra governo e opposizione ha messo le cose in standby. Intanto, si registra il collasso delle esportazioni, la caduta del prezzo del petrolio, l’iperinflazione. Sono almeno 7 milioni i venezuelani che non hanno accesso ai servizi essenziali.  

Mali

Il Mali, che sta ricevendo il maggior numero di aiuti (anche se solo il 52% rispetto alle necessità) e anche di copertura mediatica (complice la presenza delle forze militari francesi e quella delle Nazioni Unite), continua ad essere investito da una brutale violenza (peggiorata la situazione rispetto allo scorso anno). 208mila persone, il doppio rispetto al 2018, sono oggi gli sfollati interni. E sono già 73mila le persone che hanno lasciato le loro case da gennaio a maggio di quest’anno.  

Sud Sudan

Meriterebbe più copertura mediatica anche il Sud Sudan. Seppure nel 2019 abbia fatto passi decisivi verso la stabilità, i progressi sull’implementazione degli accordi di pace sono troppo lenti. Ma quello che ha messo in ginocchio questo giovane paese, sono state le tante inondazioni che hanno devastato le attività agricole e i pochi mezzi di sussistenza di una popolazione ad alto tasso di povertà. Oltre 900mila le persone direttamente toccate da questi eventi climatici. I tassi di malnutrizione sono al 16%, percentuale che supera di gran lunga la soglia di emergenza globale.  

Nigeria

Nuovo ingresso nel report per la Nigeria. A indicarla come area di grave crisi è l’ormai continua attività di gruppi armati, in special modo Boko Haram, nel Nord-Est del paese. Sette milioni di persone fanno affidamento sull’assistenza umanitaria per la sopravvivenza. Adamawa, Borno e Yobe gli Stati più colpiti. Nonostante i bisogni proprio queste aree rimangono quasi inaccessibili alle organizzazioni umanitarie. Milioni di persone, dunque, intrappolate nella violenza, ma anche alla mercé degli effetti del cambiamento climatico: siccità, incendi e inondazioni si stanno alternando lasciando milioni di persone senza casa o campi da coltivare.  

Repubblica Centrafricana

Sembra migliore la situazione nella Repubblica Centrafricana, oggi ottava, lo scorso anno al terzo posto del report. In ogni caso è dal 2013 che un conflitto civile tra il governo e formazioni ribelli sta distruggendo il paese e la vita di milioni di persone. Un quarto della popolazione è stato costretto a fuggire nei paesi limitrofi (in questo gioco paradossale di chi scappa da paesi in guerra per rifugiarsi in paesi dove sono in corso altre guerre).
La firma di un importante accordo di pace a febbraio 2019 ha visto la formazione di un nuovo governo. Nonostante questo, i gruppi armati hanno continuato a commettere gravi violazioni contro i civili durante l’anno. Si calcola che oltre il 70% del paese sia già fuori dal controllo del nuovo governo.  

Niger

Infine, un altro nuovo “ingresso”, il Niger, un paese che porta il peso e le conseguenze della crisi dell’area del Sahel e dei suoi vicini. Aumentati gli attacchi di gruppi armati e di banditi. Al terrore degli attacchi si aggiunge il problema dell’insicurezza alimentare che minaccia la vita di oltre 1,6 milioni di persone. Il Niger è poi particolarmente vulnerabile alle catastrofi, lo scorso anno 227mila persone sono state colpite da inondazioni. 
Dal rapporto di quest’anno sono sparite Ucraina, Libia, Etiopia, Palestina. Non vuol dire che le cose vadano meglio in questi paesi, vuol dire che sono peggiorate in altre aree del mondo. Così come non è stato possibile verificare lo stato di paesi come la Cina e la Corea del Nord per difficoltà di accesso a dati e informazioni.
L’appello che il Norvegian Refugee Council ha rivolto ai giornalisti è Do Not Give Up, non arrendersi. Non rinunciare a raccontare, denunciare. Anche se non si riesce ad entrare nei paesi in crisi, trovare il modo per far raccontare agli attivisti, ai giornalisti locali, alla popolazione, cosa accade.
da Nigrizia



Data pubblicazione: 15/06/2020

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