La nostra lotta continua

L'editoriale del numero di settembre, dedicato a Pedro Casaldáliga, vescovo cattolico e teologo spagnolo naturalizzato brasiliano, morto in Brasile l'8 agosto 2020 all'età di 92 anni Pedro Casaldaliga


Quando hai varcato le soglie di quel Vaticano che ti è sempre stato stretto, per la visita ad limina nel 1993, con al collo la collana dei tuoi indigeni e il Tau di Francesco non ti sei lasciato morire in bocca quanto ti dettava il cuore: «Sono venuto a visitare Pietro, ma avrei desiderato incontrare Francesco». Tu che hai abbracciato la scelta radicale di essere povero tra i poveri, di farti indigeno tra gli indigeni, sognavi sul soglio pontificio qualcuno che praticasse il vangelo alla maniera del profeta di Assisi. Ora è arrivato Francesco, non è più un sogno.
Oggi che sei passato all’altra riva, sepolto nel cuore della terra indigena, segno di appartenenza per sempre, sotto il grande albero, al fianco del Rio Araguaia, riprendiamo in mano quei sogni che condividevi a Nigrizia nella rubrica Parole del Sud, nel febbraio 1998, per farli nostri. Un itinerario che si fa strada e che prende le sembianze di una chiesa altra, anche se inesorabilmente lenta e sempre in ritardo (200 anni diceva Martini). Quei sogni, non distanti dai quattro di Francesco in Querida Amazonia, sono la nostra stella polare.
Denunciare profeticamente il sistema economico neoliberista come mercato totale, sistema di esclusione, idolatria del profitto ed ecocidio incontrollato: tu lo avevi capito da un pezzo e oggi Francesco lo ribadisce con ancora più forza: «Dobbiamo dire no a un’economia dell’esclusione e della iniquità. Questa economia uccide» (La gioia del Vangelo, 53). Con proposte concrete sostenute da una spiritualità ecologica integrale e cosmica: economia circolare, protezione dei beni comuni, risparmio energetico, stili di vita alternativi, sobrietà.
Vivere effettivamente l’ecumenismo e dialogare macroecumenicamente* con tutte le religioni: tu lo hai praticato da sempre e oggi Francesco lo testimonia con il potere dei segni. Quelle prime parole da vescovo della Chiesa di Roma, «che presiede nella carità tutte le Chiese», il capo chinato davanti al patriarca Bartolomeo, chiedendo di essere benedetto da lui, la prima volta in un tempio valdese, a Torino, il pellegrinaggio «in cerca di unità e pace» a Ginevra per i 70 anni del Consiglio ecumenico delle Chiese. Per non parlare della perla preziosa del Documento sulla fratellanza universale per la pace mondiale e la convivenza comune che scalda i cuori del dialogo islamocristiano.
Riformare la chiesa cattolica nelle sue strutture di potere: tu lo sentivi nelle viscere e oggi Francesco invita tutti «a essere audaci e creativi in questo dovere di ripensare gli obiettivi, le strutture, gli stili e i metodi dell’evangelizzazione delle proprie comunità» (La gioia del Vangelo, 33).
La strada è segnata. Ora è questione di cambio di passo per praticare questa rivoluzione perché la storia non può più aspettare. Lo sai bene Pedro e amavi cantarlo: “Saper aspettar, sapendo allo stesso tempo forzar l’ora di quell’urgenza che non permette più aspettar”.

* Macroecumenismo

Atteggiamento di apertura e di accoglienza che obbedisce a uno spirito di ecumenismo integrale come stile di dialogo, interscambio e comunione che va al di là del mondo cristiano e coinvolge molteplici movimenti popolari di liberazione, società civile, gruppi umani, etnici e religiosi che perseguono lo stesso obiettivo del Regno: pace, giustizia, fratellanza universale. Questo modo di essere e di vivere deriva da un’esperienza spirituale, un’esperienza di Dio nel mondo e nella storia
da Nigrizia



Data pubblicazione: 01/09/2020

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